La Medicina Funzionale, un viaggio da Chicago al Metodo Apollo

medicina funzionale

Ci tenevamo a farti capire come il Metodo Apollo non sia secondo a nessuno in quanto livello di approfondimento.

Al corso che abbiamo tenuto per i professionisti a fine gennaio, la Dottoressa Pitotti, che è una fantastica nutrizionista ci ha raccontato del suo viaggio all’IFM.
Loro sono il massimo istituto per la medicina funzionale al mondo, sono negli USA.Quello che ci è piaciuto molto è che il suo commento a caldo è stato “non serve andare negli USA”, parlando del corso che si era appena concluso.

Ma lasciamo a lei il racconto…

 

La Medicina Funzionale, un viaggio da Chicago al Metodo Apollo

Mi è sempre piaciuta l’idea di una visione a 360 gradi della salute e del benessere, ed ho sempre considerato il ruolo del nutrizionista come un qualcosa che va ben oltre il mero conteggio delle calorie e il calcolo del bilancio tra le entrate e le uscite. Qualche anno fa partecipai ad un convegno in cui si parlava di sistemi e connessioni nell’organismo, di modi in cui può generarsi uno squilibrio all’interno del corpo e di possibilità di intervento nutrizionale: per la prima volta sentivo parlare di nutrizione in modo diverso, di come il cibo non deve essere considerato solo in termini di energia ma di come possa influenzare positivamente o negativamente le varie funzioni dell’organismo. Si parlava di Nutrizione Funzionale ed era proprio il mio modo di vedere le cose. Da questo momento lo studio dei cibi funzionali ha influenzato sempre di più la mia pratica fino a costituire il trait d’union con alcune colleghe per la nascita di #cucineinsincrono un progetto di cucina funzionale rivolto a chiunque voglia utilizzare il cibo come arma di prevenzione.

Il secondo step del mio percorso in questo ambito è avvenuto quando sono “incappata” nel gruppo facebook del Metodo Apollo ed ho iniziato a studiare le linee guida, gli articoli, i video e il libro. È stato un momento di importante collegamento tra tutte le nozioni acquisite fino ad allora e un tassello importante per rinforzare la mia pratica lavorativa sulle patologie autoimmuni, un campo che da sempre mi affascina e che considero la mia personale sfida quotidiana come nutrizionista. Finalmente il modo in cui mi piaceva lavorare aveva un nome: Medicina Funzionale e da lì a poco avrei iniziato a studiarne le basi e a impararne la metodologia. Parlo di metodo perché per comprendere bene le interazioni tra i vari sistemi e arrivare alla causa prima del problema c’è bisogno di un approccio ben definito, non si può andare a tentativi, e per fare tutto ciò ho deciso di andare alla fonte e prendere ogni informazione da coloro i quali hanno creato la medicina funzionale: l’IFM, l’Institute for Functional Medicine.

Ma cos’è la Medicina Funzionale? La Medicina funzionale è un approccio scientifico e personalizzato, che si propone di trattare le patologie croniche ricercando la causa alla radice dello squilibrio, “the root cause of disease”, quello che nel Metodo Apollo viene chiamato fattore scatenante. L’approccio è integrato quindi orientato all’organismo dal punto di vista biologico e funzionale ma anche alla sfera psico-emozionale e all’interazione con l’ambiente in cui vive.

Ma torniamo all’IFM. Su due piedi, senza pensarci troppo, mi sono iscritta al corso AFMCP (Applying Functional Medicine in Clinical Practice) a Chicago. Ho atteso la partenza come una bambina che aspetta di scartare il suo regalo e i mesi che mi hanno separato da quel momento mi sono serviti per scoprire meglio questo nuovo mondo familiarizzando con gli aspetti fondamentali. Questo viaggio significava tanto per me, un’esperienza stimolante ma soprattutto la concretizzazione di tante idee e pensieri che fino a quel momento accompagnavano la mia pratica a studio.

All’arrivo a Chicago mi sentivo così “piccola” in mezzo a nomi per me altisonanti, autori di libri che avevo letto o protagonisti di video online, ma allo stesso tempo prendere l’ascensore e leggere il nome Dr Kharrazian sul badge della persona vicino a me, mi ha fatto sentire parte di un qualcosa di grande. Il corso è iniziato in modo molto “americano”: massima puntualità, bevanda calda all’ingresso e distribuzione dei partecipanti in tavole rotonde, per favorire lo scambio di idee e facilitare il “brain storming”. Il focus del corso era formare le diverse figure professionali presenti, sulla gestione delle patologie croniche, piaga del XXI secolo, attraverso un “new way of thinkingbasato sulle connessioni tra i vari sistemi e funzioni del corpo, focalizzato sulle cause che innescano gli squilibri e diretto a trovare i mezzi per ricreare l’equilibrio e quindi il benessere dell’individuo. In contrapposizione alla medicina convenzionale che mira all’eliminazione del sintomo, la medicina funzionale considera il corpo un tutt’uno e ricerca la causa scatenante tra varie sfere: l’infiammazione cronica di basso grado, lo stress ossidativo mitocondriale, i deficit di detossificazione, i difetti di metilazione, gli squilibri ormonali e le alterazioni a livello dei neurotrasmettitori.

L’esperienza è stata arricchente, stimolante e mi ha spinto a studiare sempre più compulsivamente per trovare quelle risposte non sempre deducibili di primo acchito. Sono tornata al mio studio con un grande entusiasmo per la voglia di capire sempre di più le connessioni, “the road map”, all’interno del nostro organismo ma allo stesso tempo con un po’ di rammarico per la consapevolezza che in Italia ancora non è un approccio molto conosciuto ed è difficile creare una rete di collaborazioni tra medici, nutrizionisti, psicologi ed altre figure che prendano in carico il paziente a tutto tondo.

È stato in questo momento che la mia attenzione è stata catturata dalla proposta formativa del gruppo del Metodo Apollo e non ci ho pensato due volte: era quello per cui stavo studiando ma soprattutto quello che stavo cercando, una rete di professionisti che portino avanti la Medicina Funzionale. Il corso di Bologna ha tradotto dal punto di vista dermatologico e autoimmune gli argomenti trattati negli Stati Uniti: si è parlato ad alti livelli di dermatologia, di funzione intestinale, di assi ormonali, immunità, psicologia, alimentazione e integrazione in chiave funzionale, confermando che anche in Italia si può essere innovativi mantenendo il rigore scientifico. E’ un nuovo paradigma in cui la chiave di volta consiste nel rispondere a due semplici domande:

  1. La persona ha bisogno di “eliminare” qualcosa?
  2. La persona ha necessità di “integrare” qualcosa per ripristinare o rendere ottimale la funzione?

Le risposte sono ciò per cui ogni giorno studiamo e ci applichiamo cercando di stabilire un rapporto terapeutico in cui il medico, il nutrizionista o lo psicologo lavorano con la persona rispettando la sua individualità e cercando di “cucire” il trattamento su misura.

È un nuovo inizio e come si usa da queste parti… AD MAIORA!

 

A cura di: dott.ssa Giovanna Pitotti, Biologo Nutrizionista, Roma