Il pregiudizio che tarpa le ali

Il pregiudizio che tarpa le ali

Malattia “incurabile”? Resta un dato di fatto per ora. Il futuro non lo conosce nessuno, nemmeno i più saggi. Quello che mi preoccupa è che “incurabile” venga presa alla stregua di un’etichetta.
A cosa servono le etichette? A scegliere se prendere o lasciare: quando sull’etichetta della carne sottovuoto al banco del frigo leggo che c’è l’aggiunta di zuccheri di qualche tipo, personalmente lascio. L’etichetta rischia di diventare uno stigma, di marchiare qualcosa in modo da renderla una verità inequivocabile e assoluta. Lascio le etichette a chi le usa e, voglio ripeterlo, resto dell’idea che l’etichetta descriva solo lo stato attuale della situazione ma non il futuro.
Cosa mi fa rabbia? Che la definizione di malattia incurabile faccia dire a chi ne soffre: “Va bene, nemmeno ci provo. A questo punto non ho nessuna responsabilità, non posso far nulla”.

Mi piace chi accetta i propri limiti se gli vanno bene così o è nell’attesa di migliorarli. Non mi piace chi si scoraggia. Ognuno è libero di credere a qualunque cosa, anche alle etichette per carità!
Tuttavia chi non lo fa rischia davvero di scoprire che c’è un’altra via: la chiamano “alternativa”, forse in modo che quella convenzionale conservi comunque il suo trono e il suo potere.

Se non si hanno troppe etichette che coprono la vista e rivestono il cervello allora si nota che l’alternativa può funzionare. Arriva qualcuno che assume più vitamina D o magnesio o curcumina e nota una regressione del sintomo. Arriva qualcun altro che propone una crema senza gli effetti collaterali del biologico o del cortisone e vede che la placca migliora notevolmente. Assumere un integratore, astenersi da un particolare cibo, spalmare una crema non comportano chissà quale capovolgimento della vita, funzionano facilmente dunque sono i benvenuti.

C’è anche l’eventualità che arrivi qualcuno che ha fatto un lavoro su se stesso, in virtù del quale è riuscito a recuperare un rapporto fisico-intimo d’amore e appagante con il corpo del partner: costui ha notato che da quando ha ripreso a far l’amore con la persona che ama e ad abbracciare senza remore le figlie ha visto regredire e quasi scomparire la dermatite atopica. In seguito arriva un’altra persona che grazie a un lavoro sui propri modi di pensare e comportamenti è riuscito a fare delle scelte radicali che hanno portato la propria vita dalla confusione più assoluta alla realizzazione: della psoriasi che prima ricopriva il 60% del suo corpo è rimasta solo qualche macchietta. Ho visto un’altra persona essere condizionato gravemente dalla propria Rettocolite ulcerosa fino a quando non è riuscito a scoprire e gestire la propria rabbia: è parecchio che non ha crisi e ricadute di questa che tra le malattie autoimmuni che ho visto mi sembra essere la più atroce. Un tale ha fatto un lavoro sulla propria capacità di esprimere le emozioni, quando era solito trattenerle: già il giorno dopo ha notato una stupefacente diminuzione dei propri dolori causati dall’artrite. Un fibromialgico ha risolto le cause profonde del suo stress e si sente molto più sciolto laddove prima c’era rigidità o addirittura parestesia, riuscendo a dormire anche più a lungo e profondamente.
Tutto questo seguendo una via anch’essa alternativa, senza farmaci o altri rimedi innaturali per quel meraviglioso organismo che è il corpo umano (meraviglioso anche per la capacità di curarsi da solo, se favorito opportunamente…).

Chi ha assistito agli eventi di cui sopra spesso si chiede perché non lo facciano tutti, visto che oltre a recuperare la salute recuperano anche una parte fondamentale della propria vita. Sempre questo “testimone” si chiede come mai c’è anche qualcuno che preferisce non crederci e arrivare a dire: “Dopo 20-30-40 anni di cure farmacologiche, speranze, centinaia di euro per i vari rimedi consigliati, con che coraggio ci vieni a dire che questi cambiamenti solo sul piano relazionale riescano a farci stare molto meglio?”.
La risposta rimane sempre la stessa: “Se non provi, non lo scoprirai mai. Se preferisci attenerti solo a quell’etichetta dell’incurabile rimarrai chiuso di vedute e ancor più carente di prospettive. La scelta è la tua e ringraziamo che sia così!”. Eppure ogni accesso di rabbia crea una contrattura nel retto, ogni emozione trattenuta crea compressioni a livello articolare, ogni pelle che non gode del contatto fisico-intimo sano si ammala: provare per credere! Questo solo per elencare alcune cause “naturali” (altro che alternative!) della malattia.

Qualche coraggioso o illuminato o, permettetemi, disperato perché le ha già tentate tutte, ci prova e si arrende presto: non arriverà mai a un risultato solo con un tentativo! Ed è qui la risposta al perché il fattore emozionale e relazionale sia così trascurato nella cura delle patologie: cambiare i propri rapporti e le proprie scelte di vita richiede una messa in discussione delle convinzioni e paure più profonde e cambiamenti a volte radicali del proprio modo di vivere. Dato che la malattia spesso è un sintomo di un modus vivendi errato, pur di non comprometterlo si preferisce conservare quel sintomo. Ognuno è libero di fare le sue scelte che per quanto mi riguarda sono sacrosante!

Chi invece decide di migliorarsi nel profondo continua il percorso di scoperta e conoscenza di se stesso e prima o poi arriva a dei risultati e… a riscrivere la storia della propria vita in un modo tanto inaspettato quanto meraviglioso… Buona vita (e scelta) a tutti!

 

A cura di: Maurizio Giannini