Gestione della Variabilità della Frequenza Cardiaca nell’ambito delle malattie autoimmuni

variabilità della frequenza cardiaca

 

Studi scientifici hanno messo in luce una correlazione fra riduzione dell’ampiezza della Variabilità della Frequenza Cardiaca (Heart Rate Variability – HRV), diminuzione dell’attività vagale e incremento di patologie infiammatorie. Salvaguardare l’indice di Variabilità della Frequenza Cardiaca mediante l’adozione di uno stile di vita adeguato e la corretta gestione del carico di stress quotidiano, può contribuire a rendere maggiormente efficienti i sistemi immunitario, endocrino e nervoso, e contribuire alla modulazione del rilascio delle citochine.

Il ruolo dell’infiammazione nello sviluppo e nella progressione delle malattie autoimmuni è uno dei settori nei quali la ricerca scientifica sta investendo per comprendere a pieno i meccanismi di azione sottesi alla regolazione dell’attività delle citochine, responsabili, secondo una delle teorie maggiormente accreditate, dell’eccesso di risposta a danno dell’organismo. In condizioni normali vi è un bilanciamento fra meccanismi pro e anti infiammatori che consentono una modulazione della risposta immunitaria efficace nei confronti degli agenti patogeni con i quali l’organismo entra in contatto.

Ciò che accomuna la maggior parte delle patologie autoimmuni è una mancanza di equilibrio nel processo infiammatorio che, in condizioni specifiche, propende verso una maggiore produzione di citochine pro-infiammatorie e una minore secrezione di quelle antinfiammatorie, arrecando danni ai distretti corporei interessati. Questo eccesso di risposta in alcune patologie viene modulato farmacologicamente mediante il contenimento dell’azione di classi di citochine (es. TNF, IL-1 e IL-6), come avviene nei trattamenti per l’artrite reumatoide, la colite e la psoriasi.

Gli attuali progressi nella ricerca neurobiologica hanno evidenziato, nei modelli animali, la possibilità di inibire l’azione di alcune classi di citochine mediante stimoli nervosi inviati attraverso il nervo vago, al fine di influenzare il rilascio di antagonisti specifici (es. acetilcolina) e modulare l’attività infiammatoria. All’interno del meccanismo neurologico del riflesso infiammatorio, il nervo vago svolge diverse funzioni:

  1. recepisce la qualità e la quantità dell’attività infiammatoria periferica,
  2. trasferisce l’informazione al tronco encefalico per la successiva elaborazione,
  3. trasporta dal cervello agli organi il potenziale di azione per modulare la produzione di citochine pro infiammatorie.

Gli studi e le tecnologie attualmente disponibili hanno evidenziato una correlazione fra la diminuzione dell’attività vagale, la contrazione dell’indice di variabilità della frequenza cardiaca e l’aumento dell’attività infiammatoria, aprendo nuove prospettive nella gestione delle malattie autoimmuni anche attraverso l’utilizzo del potenziale di azione di una o più vie neurologiche.

Escogitare un sistema per misurare e rimodulare la riposta infiammatoria tramite vie neuronali, permetterebbe di comprendere e intervenire più celermente di qualsiasi altro approccio, con la possibilità di adeguare in itinere l’azione difensiva aumentandone l’efficacia e il rispetto per i tessuti corporei coinvolti.

Il network neurobiologico e l’azione vagale

Il sistema immunitario ha la necessità di essere costantemente informato, per assolvere le propri funzioni di difesa dell’organismo e per contribuire, insieme agli altri sistemi neurofisiologici, a garantire la migliore condizione di equilibrio (chimico-fisico), definita omeostasi, e quindi assicurare la vita.

L’equilibrio dinamico è garantito mediante un meccanismo di feedback nel quale i principali sistemi corporei sono impegnati nel:

  • recepire informazioni sulle condizioni interne ed esterne;
  • controllare e decidere i comportamenti più adatti da tenere;
  • trasferire l’informazione sul compito affidato al sistema stesso o agli organi bersaglio;
  • attivare il cambiamento mediante meccanismi di regolazione interna.

Questi e altri compiti sono affidati a un vero e proprio network neurobiologico costituito da tre grandi sistemi – il nervoso, l’endocrino e l’immunitario, altamente specializzati nelle funzioni e in possesso di un’elevata interdipendenza informativa e funzionale. Al sopraggiungere di perturbazioni dell’equilibrio vengono intraprese le contromisure necessarie per ristabilire lo stato di equilibrio maggiormente funzionale alla situazione vissuta.

nervo vago

Il nervo vago è solidamente integrato nel sistema di comunicazione e di azione, andando a interagire con i principali organi corporei (cuore, polmoni, fegato ecc.), quasi fosse una grande autostrada nella quale corrono informazioni dai diversi distretti corporei al cervello e viceversa, in ogni istante del giorno e della notte. Questa via è incardinata nel Sistema Nervoso Autonomo, al quale sono demandate tutte le funzioni neurovegetative involontarie (es. respirazione e battito cardiaco). Il nervo vago vi partecipa mediante un complesso di attività dinamiche svolte per il mantenimento dell’equilibrio chimico-fisico, per la regolazione autonomica (equilibrio sistema simpatico e parasimpatico) e per la gestione emozionale dell’esperienza psicologica. L’attività vagale interviene attivamente nel regolare i cambiamenti nelle funzioni cardiache, polmonari e digestive, nell’espressività (muscoli facciali e tono della voce) e, per quanto di interesse in questo articolo, alla modulazione dell’attività cardiaca in funzione del contesto.

Attività vagale e indice di variabilità della frequenza cardiaca

Il potenziale di azione del nervo vago può essere rilevato indirettamente mediante l’analisi della variabilità della frequenza cardiaca condotta con strumenti di biofeedback, in quanto i sistemi cardiovascolare, nervoso centrale e periferico, endocrino, le vie respiratorie, barocettori e chemocettori influenzano l’HRV (Heart Rate Variability – Variabilità della Frequenza Cardiaca).

Il cuore a riposo pulsa mantenendo un certo grado di variabilità, nell’ordine di pochi millisecondi (negli intervalli di tempo fra un battito e l’altro), con accelerazioni e rallentamenti generati dall’interazione fra l’attività respiratoria, e quella vagale con il centro nervoso cardiaco (nodo senoatriale). L’ampiezza della curva descritta sul piano cartesiano dal susseguirsi degli intervalli di variabilità cardiaca è commisurata all’età, al sesso e allo stile di vita condotto.

Stress cronico, junk food, sedentarietà, sindrome infiammatoria e stati d’animo negativi possono contribuire a contrarre l’indice di variabilità della frequenza cardiaca mentre l’allenamento aerobico, le tecniche di gestione dello stress, i programmi di riabilitazione cardiaca basati sul rilassamento e le tecniche per il raggiungimento dello stato di Coerenza Cardiaca possono aumentarne l’ampiezza.

In presenza di sistemi neurofisiologici efficienti il cuore mostra una elevata complessità oscillatoria mediante la quale reagisce agli improvvisi cambiamenti fisici e psicologici con forza e rapidità, ripristinando in tempi brevissimi l’equilibrio. Viceversa, sistemi inefficienti a causa di infiammazione o malattia cardiaca mostrano oscillazioni poco complesse (riduzione della variabilità della frequenza cardiaca) e risposte inefficienti agli improvvisi cambiamenti a causa del decadimento funzionale dei meccanismi di regolazione.

Una bassa variabilità della frequenza cardiaca può essere un indicatore di:

  • disturbi cardiovascolari,
  • un fattore predittivo della morte cardiaca improvvisa,
  • depressione,
  • infiammazione,
  • eccesso di stress psicofisico
  • disturbi d’ansia,
  •  asma,
  • dolore cronico.

variabilità della frequenza cardiaca

Stile di vita, stress e variabilità della frequenza cardiaca

Il cumulo quotidiano delle occasioni di stress – lavorativo, familiare e sociale, possono alterare il normale equilibrio psicofisico e far propendere la bilancia del sistema nervoso autonomo verso un’attività marcatamente simpatica, nella quale i comportamenti di lotta o fuga si susseguono ingenerando una costante tempesta ormonale, per consentire l’adozione di comportamenti salvavita.

La cronicizzazione delle reazioni di stress porta ad un depauperamento delle risorse fisiche mediante un maggiore consumo delle scorte energetiche, un logoramento dei tessuti non sottoposti ad adeguati processi di rigenerazione, un irrigidimento delle funzioni dei sistemi fisiologici deputati alla difesa per eccesso di stimolazione e una perdita di complessità emotiva in favore di alcuni stati caratterizzati dalla permanente di emozioni negative.

L’effetto dell’eccesso di stress comporta disturbi nelle funzioni rigenerative principali (problemi digestivi e insonnia), nella gestione dei cambiamenti (irritabilità, nervosismo, mancanza di lucidità, stanchezza), nell’esecuzione di attività sociali (eccesso di timore, insicurezza, voglia di isolamento), nel pensiero logico, nella capacità di memorizzazione e nella gestione emotiva degli eventi.

In un quadro di attivazione simpatica perenne, le funzioni vagali vengono fortemente limitate compromettendo la naturale interazione per ripristinare l’equilibrio psicofisico.

Lo stile di vita adottato ha un impatto rilevante sull’equilibrio psicofisico, sulle prestazioni e sul benessere in generale. Lo stress cronico sia esso fisico (eccesso di attività o sedentarietà) o psicologico (minaccia reale o solo percepita tale) ha un impatto notevole sulla funzionalità e l’efficienza dei sistemi immunitario, endocrino e nervoso in quanto vi è una perturbazione notevole delle attività neurovegetative in favore di attivazioni dei sistemi salvavita senza il susseguirsi dell’azione stessa.

Biofeedback training per incrementare l’indice di variabilità della frequenza cardiaca

L’indice di variabilità della frequenza cardiaca individuale può essere incrementato e riportato a valori psicofisiologicamente adeguati mediante specifici allenamenti, contribuendo a migliorare il bilancio autonomico ovvero l’efficienza dell’azione sinergica condotta dai due rami del Sistema Nervoso Autonomo (simpatico e parasimpatico) e della conseguente attività esplicata dal nervo vago.

Il training dell’HRV mediante biofeedback, fondato sugli studi condotti dell’Istituto di ricerca HeartMath, permette di ottenere un incremento della variabilità della frequenza cardiaca mediante:

  1. respirazione controllata – genera risonanza fra i sistemi respiratorio e cardiocircolatorio, incrementando le oscillazioni ritmiche su una specifica frequenza cardiaca,
  2. concentrazione – riduce l’impatto fisiologico degli stressor ambientali,
  3. gestione emotiva – al fine di rimodulare l’attività mentale connaturata agli stati d’animo, apportando un effetto riequilibrante sull’intero network psicofisiologico.

Gli allenamenti mediante biofeedback per la generazione volontaria dello stato di Coerenza Cardiaca sono utilizzati da più di trent’anni dai trainer HeartMath nel campo della gestione dello stress cronico e lo sviluppo del potenziale umano.

I benefici sono strettamente legati al miglioramento dell’efficienza psicofisica generale mediante un incremento del riflesso barocettoriale, un migliore utilizzo e gestione della bilancia ossigeno/anidride carbonica e un aumento dell’interazione vagale.

tecnica di coerenza cardiaca per incrementare dell'HRV

Conclusioni

Vista la stretta correlazione fra carenza di attività vagale ed eccesso di infiammazione e in attesa di nuovi percorsi terapeutici basati sull’utilizzo delle vie neuronali, lo stile di vita da adottare nella gestione quotidiana delle malattie infiammatorie autoimmuni dovrebbe tenere in debito conto la salvaguardia della funzionalità del nervo vago mediante l’utilizzo di strumenti di biofeedback dell’HRV, per monitorare l’andamento dell’indice di variabilità della frequenza cardiaca, e integrare attività fisica aerobica, l’utilizzo di tecniche respiratorie e per il raggiungimento dello stato di Coerenza Cardiaca, al fine di salvaguardare e, ove possibile, incrementare l’attività vagale.

Un corretto stile di vita dovrebbe prevedere un incremento delle risorse personali per la gestione emotiva delle situazioni lavorative, familiari e sociali ad elevato impatto stressante. Dotare la persona di un corredo emotivo sufficientemente adeguato al contesto può prevenire le inutili occasioni di stress generate da situazioni o eventi percepiti minacciosi ma senza un reale pericolo intrinseco.

 

A cura di: Pino Di Ionna (insegnante Coerenza Cardiaca metodo HeartMath)

 

Nell’articolo sono riassunte porzioni delle seguenti ricerche scientifiche, studi e manuali:

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