Artrite psoriasica rivista dal metodo apollo in chiave funzionale

La nostra comunità inizia a contare quasi 25.000 persone, un grande numero di psoriasici senza dubbio, tra questi molti sono affetti da forme miste di psoriasi, dermatologiche ed artritiche.
Ciò ci ha consentito di fare molta esperienza e molta ricerca anche su questo tipo di problematiche, che possono essere molto più invalidanti rispetto alle semplici problematiche dermatologiche.

Prima di entrare a spiegarvi in cosa consiste il nostro approccio e a trasmettere le intuizioni che abbiamo avuto in clinica è necessario e doveroso fare delle premesse:

  • L’importanza di conservare le articolazioni: Se nelle forme dermatologiche bene o male una volta cessata l’attività autoimmune si arriva ad un recupero completo, nelle forme artritiche diventa molto difficile recuperare i danni articolari. E’ necessario avere come primo obiettivo la conservazione dell’articolazione e con essa della qualità di vita del paziente, con ogni mezzo.
  • I farmaci: Se nelle forme dermatologiche abbiamo sempre guardato l’approccio di immunosoppressione a vita con grande scetticismo, nelle forme artritiche il preservare le articolazioni diventa primario rispetto agli effetti collaterali, consigliamo pertanto di andare molto cauti nel diminuire i dosaggi, e di scegliere un percorso funzionale come integrato rispetto all’approccio tradizionale. Il reumatologo è la figura chiave che deve accompagnare nel percorso e valutare farmaco e dosaggio più adatto di volta in volta.

Lasciamo introdurre per bene la malattia ad una nostra preziosa collaboratrice, la Dott.ssa Emmanuela Spirito, che in chiave di facile lettura ci spiega in cosa consiste:

Dunque, l’artrite psoriasica si manifesta in coloro che hanno la psoriasi, specialmente al cuoio capelluto e alle unghie.
Colpisce in maniera uguale maschi e femmine, tra i 30 e i 40 anni.
Si manifesta un po’ prima nelle femmine.
In famiglia possono essere presenti Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI).
Essa è data da un’infiammazione che interessa dapprima le zone in cui i tendini si collegano alle ossa per poi estendersi ai tessuti molli dell’articolazione (per semplicità, tutto quello che non è osso di un’articolazione, guardate l’immagine qui sotto) e poi all’osso.

 

artrite psoriasica

 

L’osso, al contrario di quanto avviene nell’artrite reumatoide, in cui viene eroso, prolifera, formando, specie a livello vertebrale, dei nuovi pezzetti d’osso che collegano le vertebre tra loro (questo però avviene soprattutto in un’altra malattia affine, la spondilite anchilosante).
L’artrite psoriasica invece interessa soprattutto le mani, i piedi, le caviglie, i polsi, le ginocchia.
E specie le dita delle mani possono infiammarsi e manifestarsi come le cosiddette “dita a salsicciotto” (che interessano le articolazioni interfalangee) oppure come “pencil in cup” (che interessano le falangi distali).
Prima che l’infiammazione arrivi all’osso si può vedere la progressione della malattia con l’ecografia color doppler, un’eco ad alta risoluzione che può dare informazioni più precise sull’estensione dell’infiammazione.
Non vi sono analisi specifiche, se non quelle sugli HLA (B27 e Cw6), non vi sono anticorpi specifici da cercare (per questo si chiama artrite siero-negativa) e dunque si consiglia di valutare glicemia, emoglobina glicata, quadro lipidico, uricemia (tutte cose che sono collegate a disordini metabolici), la VES e la PCR (soprattutto questa) per monitorare l’infiammazione anche attraverso le analisi.
La terapia consigliata è costituita da antinfiammatori prima e immunosoppressori poi, per finire con i farmaci “biologici”.
Colgo l’occasione per farvi notare un po’ di cose:

  1.  In letteratura è riportato che il biologico anti TNFalfa ha peggior risposta negli obesi rispetto ai normopeso. Quindi?
    Quindi l’obesità costituisce un fattore di rischio.
    Di quelli che in medicina vengono detti “modificabili”.
    Con ciò non voglio dire che un magro non possa avere l’artrite psoriasica.
    Ma di sicuro essa costituisce un elemento di disturbo in più.
  2. Ancora, a quale patologia si associa, in genere, un aumento dell’acido urico?
    Alla gotta, ve lo dico io. Una patologia in cui si ha deposizione di cristalli di acido urico nelle articolazioni, che si infiammano e col tempo vanno incontro a distruzione dell’osso e dei tessuti articolari. In genere la prima articolazione coinvolta è quella del primo dito del piede (alla base dell’alluce). Le altre sono i polsi, le ginocchia, le caviglie e le articolazioni delle dita.
    Vi ricorda qualcosa?
  3. Come mai tra i criteri utilizzati per fare la diagnosi viene tratta in ballo la familiarità per le MICI?
    Ci sarà mica qualche correlazione con una possibile disfunzione della barriera intestinale anche nei soggetti con artrite psoriasica/psoriasi (e con le artriti siero-negative in generale)?

 

Dott.ssa Emmanuela Spirito

Una delle cose che abbiamo notato in clinica è che le persone non hanno chiaro come si fa una diagnosi di Artrite Psoriasica (AP da ora in poi) per cui meglio capire qual’è l’ottica con la quale il medico si muove.
Di norma la sintomatologia classica prevede dolore alle articolazioni, dita a salsicciotto, gonfiori articolari, spesso le prime articolazioni coinvolte sono spalle, caviglie e ginocchia.
Ci si presenta dal medico con questi problemi e il medico deve fare delle valutazioni, per prima cosa farà delle analisi del sangue e probabilmente troverà VES alta, e fattore reumatoide basso.
La diagnosi viene fatta in base alla diagnostica per immagini che evidenzi il danno articolare, la presenza di forme dermatologiche di psoriasi nella persona o nella famiglia della persona.

Le persone che vengono da noi, di norma hanno da diversi anni AP, sono sotto terapia e vogliono poter dare una svolta con un approccio che non sia solo farmacologico.
Ripetiamo per chiarezza, noi non interferiamo nella terapia farmacologica, quello è lavoro del reumatologo, quello che facciamo è attuare quegli stratagemmi necessari per diminuire il carico infiammatorio e modulare al meglio il sistema immunitario. La prassi è che con il calo dell’infiammazione si possano ridurre i farmaci fino a sospenderli, ovviamente se possibile e mettendo sempre la salvaguardia delle articolazioni come fattore primario.

 

La vitamina D come fattore primario nell’ artrite psoriasica

Una delle cose che abbiamo notato nelle persone e questo vale per TUTTE le persone che si sono presentate con l’artrite, è il PTH sempre molto elevato rispetto al valore di vit D.

Come ben sapete se ci seguite, il paratormone è indice del buon funzionamento della vit.D, ad un buon valore della vitamina D, il paratormone dovrebbe raggiungere la parte minima del range di laboratorio.
A livello di fisiologia le cose funzionano così, la vit. D nella sua forma attiva inibisce direttamente la produzione del paratormone, quindi maggiore è la quantità di vit D attivata e minore deve essere il PTH.
La cosa è abbastanza logica, la vit. D promuove l’assorbimento di calcio intestinale, quindi diventa sempre meno necessario usare il calcio di deposito nelle ossa, la cui mobilitazione è compito del paratormone.

Cosa significa trovare un paratormone alto anche in presenza di un buon valore di 25OHD (forma preattiva della D), significa che qualcosa nel meccanismo di azione della vitamina D non funziona.
Questi fenomeni vanno sotto il nome generico di “resistenza alla vit D”.
Ora sappiamo che la Vit D ha un fondamentale ruolo di modulazione immunitaria, se i recettori delle paratiroidi non sono funzionanti, allora non lo saranno nemmeno quelli dei linfociti T che dovranno modulare la risposta immunitaria.
Ci possono essere 3 motivi per cui ad alto valore di 25OHD non ci sia un paratormone adeguatamente basso:

  • Difetti dell’enzima che trasformano il 25ohD in 1,25OHD: la vitamina d ha due passaggi di attivazione, sono due idrossilazioni, la prima in posizione 25 che è quella che si misura nel sangue, la seconda in posizione 1, che è la forma attiva per eccellenza. In questo caso non avremo una quantità adeguata di vit D funzionante per mancata attivazione.
  • Difetti del recettore della vitamina D o VDR: in questo caso abbiamo un difetto genico che porta una alterata struttura del recettore, quindi la vitamina D non trovando una perfetta complementarietà non riesce ad attivare i meccanismi che le competono, quindi anche in presenza di una adeguata quantità disponibile e attiva, non abbiamo la manifestazione dell’effetto biologico.
  • Iperparatiroidismo dovuto ad altri fattori, in questo caso il paratormone alto non dipende dalla D, ma da altri fattori, che esulano da questo articolo.

Ci teniamo a sottolineare che a livello di letteratura ci sono molti collegamenti tra il livello di 25OhD e l’artrite, ma nulla che collega il PTH.
Queste considerazioni nascono dal nostro buon senso, ma soprattutto dal lavoro del Dott. Coimbra, che su migliaia di pazienti autoimmuni in Brasile utilizza il paratormone come benchmark di efficacia dell’integrazione di Vit. D.
Sappiamo e specifichiamo che molti fattori influenzano il metabolismo del calcio e utilizziamo un approccio molto attento per discriminare l’effetto ottenuto.

Da quando abbiamo iniziato a raccogliere i dati genetici delle persone, utilizzando il 23 and me, abbiamo avuto una grande conferma di questa intuizione, in tutti i casi di artrite abbiamo trovato un profilo genetico con molti polimorfismi sul gene che codifica per il VDR, la situazione standard che abbiamo visto nell’artrite è simile a questa

tabella polimorfismi

A vederla così si capisce poco, ma in pratica VDR è il nome del gene, il codice numerico che segue indica il polimorfismo e la tabella a colori indica la presenza di mutazioni in eterozigosi oppure in omozigosi.
Il VDR TAQ è uno dei peggiori polimorfismi possibili e implica una affinità del recettore assai minore rispetto al normale.
A ulteriore conferma di ciò moltissimi malati di AP hanno anche problemi di osteopenia precoce oppure addirittura osteoporosi, proprio dovuto all’elevato livello di paratormone cronico.

Cosa ancora più interessante è che essendo un difetto genetico, si nota una grande familiarità con una ridotta densità ossea, ad ulteriore conferma di quanto la genetica conti e diventi il fattore discriminante che ci permetterà di prevedere se una forma dermatologica possa evolvere nella forma artritica.

Da qualche anno in Italia è disponibile il Protocollo Coimbra, ringraziando Leonardo Rubini per il suo impegno, i cui risultati confermano ancora di più la nostra intuizione. Tra le varie patologie autoimmuni l’AP è una di quelle che risponde meglio al protocollo, che in sostanza è la somministrazione di Vit D ad alto dosaggio.

Il nostro approccio alla luce di quanto detto consiste nell’utilizzare integratori e dieta che possano abbassare l’infiammazione e colmare il deficit di Vit D portandola ad un livello di adeguato funzionamento.
Le sostanze che consigliamo sono ovviamente Vit D, vit K2, che è un promotore della calcificazione ossea e il boro, un minerale assai importante nella salute delle ossa.
Aggiungiamo Omega 3 e Magnesio, che hanno un importante ruolo antinfiammatorio.
Il tutto abbinato ad una adeguata dieta antinfiammatoria priva di glutine, latticini e legumi.

I risultati che abbiamo avuto sono stati strabilianti e tra l’altro molto rapidi, soprattutto sul dolore che tende a scomparire in tempi molto molto rapidi.

Siamo certi che la nostra comprensione dell’AP aumenterà, ancora ci saranno fattori da identificare e da approfondire, intanto abbiamo un’idea molto più chiara dei meccanismi e soprattutto sappiamo come intervenire in modo efficace a livello funzionale.

 

Vi aspettiamo nel gruppo per discutere e per darvi il supporto necessario.
Grazie dell’attenzione!

Ad Majora

Lo staff del Metodo Apollo